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CASO N° 2
Il Giudicdelle udienze preliminari saminato il progetto predisposto, ritenuto congruo ai dettami normativi, sospende il processo per un periodo di mesi 9 e mette alla prova “Tizio e Caio”, ai sensi dell’art.28 D.P.R. 448/88, dispone inoltre che il servizio sociale inserisca un’adeguata attività di riconciliazione con la persona offesa dal reato. L’Ufficio Servizi Sociali Minorili, quindi invia al centro di mediazione la richiesta di intervento, con allegata copia del verbale di udienza preliminare. I minori, responsabili di una rapina a mano armata in una banca della loro città, sono stati sottoposti ad arresto e per un periodo assoggettati alla permanenza obbligatoria nella loro abitazione con la possibilità di frequentare unicamente la scuola. Il Centro di Mediazione Penale Minorile, acquisita telefonicamente la disponibilità del legale rappresentante della Banca, invita con lettera entrambe le parti a comparire davanti all’Ufficio di mediazione. Nel caso di specie, ad esempio, Tizio (che aveva appena compiuto i 18 anni) vive in città , frequenta il 2° anno di un Istituto tecnico non ha alcun precedente penale. Vive con famiglia, ed è il primo di due figli. La madre è commerciante, il padre è detenuto (informazione che però viene acquisita dall’equipe di mediazione in un secondo tempo, in quanto il ragazzo evita accuratamente l’argomento). L’altro reo, Caio, di 15 anni, all’epoca del fatto aveva appena compiuto i 14 anni. Frequenta il 1° anno di un Istituto tecnico, con ottimi risultati. Vive in città con la famiglia composta da tre figli e genitori, entrambi commercianti. La Sig.ra Mevia rappresenta la banca, presso la quale lavora da molti anni, che è stata oggetto di furto; era presente il giorno della rapina e vive in città. Nel primo colloquio con i rei (all’incontro trattandosi di minori, erano stati naturalmente invitati anche i genitori), si procede alla spiegazione del significato e delle modalità della mediazione chiedendo al genitore (che acconsente) l’autorizzazione a sostenere un primo colloquio solo con i minori indagati. Viene chiesto ai ragazzi di narrare l’accaduto dando loro il più ampio spazio nella discussione al fine di acquisire eventuali motivazioni sottostanti alla loro azione criminosa, i timori connessi alle conseguenze del reato e le loro eventuali aspettative. La mediazione prosegue con la ricostruzione del fatto, pervenendo a conoscenza della sua effettiva consistenza, riconducibile alla rapina da loro messa in atto e dall’evolversi delle situazioni susseguenti: dall’arresto, alla permanenza nel Centro di Prima Accoglienza, il successivo stato di detenzione ed il percorso di messa alla prova, consistente nella collaborazione con una cooperativa di assistenza domiciliare a persone gravemente ammalate. Man mano che i due ragazzi procedono nella narrazione, (è il più giovane che interloquisce con maggior disinvoltura), diventa sempre più lampante che i due ragazzi avevano agito per gioco e non per necessità. Contribuiscono a pervenire a questa convinzione, le modalità adottate nell’esecuzione dell’atto, assolutamente da principianti e posto in essere in maniera del tutto sprovveduta (l’atto viene deciso solo la sera prima, passando davanti alla sede della banca in questione ed il mezzo prescelto per la fuga (un piccolo scooter) viene lasciato acceso ad un isolato di distanza dalla banca, con il motore acceso e le chiavi inserite). Le circostanze di cui sopra hanno reso immediatamente chiaro l’accaduto, consentendo ai mediatori di convogliare subito la comunicazione sulla gravità della loro azione e sulle conseguenze gravi del loro gesto. I due si sono mostrati subito assolutamente consapevoli e responsabili, desiderosi di incontrare l’incaricato della banca per potersi scusare e finalmente poter rimuovere definitivamente questa brutta esperienza. Si evidenzia la positività della figura del padre di Caio che ha sempre accompagnato i due minori e non solo fisicamente. Gli stessi ragazzi, d’altra parte, gli attribuiscono grande importanza per essergli sempre stato vicino e disponibile; in particolar modo il figlio afferma di essere molto dispiaciuto sopratutto per l’atteggiamento del proprio padre, letteralmente così dichiarando” …avrei preferito che mi ammazzasse di botte ma il suo sguardo da quel giorno……….è cambiato è come se non si fidasse più di me… ora devo ricominciare tutto da capo per riconquistare il tempo perso….”.
Si procede, dunque, ad incontrare separatamente la sig.ra Mevia, informandola del significato e delle modalità della mediazione e chiedendo, ovviamente, il consenso a proseguire nel percorso.
Il colloquio viene impostato con le medesime modalità già svolte nel corso del colloquio con i rei, assicurando alla Sig.ra Mevia piena libertà espositiva nella narrazione del fatto e delle sue conseguenze, dando ampio spazio alla persona perchè possa raccontare i termini del conflitto, esprimendo, anch’essa, timori ed aspettative connessi agli effetti del suo come del comportamento dei rei. La Sig.ra Mevia conferma la ricostruzione dei fatti fornita da Tizio e Caio. Appare molto agitata e ancora visibilmene provata, anche se riferisce che col suo tipo di lavoro si è pronti ad esperienze di questo genere; afferma di aver provato molta paura e di essere stata infastidita anche dopo il fatto per una serie di procedure alle quali era stata sottoposta, come prassi, la banca dopo una rapina. Non conosceva il volto dei due aggressori e questo la lasciava molto perplessa benchè procede ad acconsentire all’incontro con i minori. L’equìpe ha evidenziato alla sig.ra Mevia quanto fosse importante, per dissipare ogni suo timore, conoscere i rei e confrontarsi con loro cercando, da un lato, di comprendere le motivazioni dell’atto, ma anche e sopratutto di illustrare ai minori le conseguenze del loro gesto. Durante l’incontro congiunto si ravvisa un atteggiamento molto agitato e ansioso da parte della sig.ra Mevia, mentre i due minori si mostrano tranquilli e desiderosi di giungere ad una riconciliazione. A tanto contribuisce proprio Mevia che, una volta dato un volto ai due rapinatori e percependo nell’immediatezza che si trattava di due ingenui regazzini, con tono sempre più dolce ma fermo e deciso, ripercorrendo le varie fasi della vicenda e le ansie che essa aveva determinato (Mevia, in condizione di ostaggio, si era sentita male, la guardia giurata della banca era armata e avrebbe potuto far fuoco), contribuisce ad allentare la tensione, creando un clima calmo e disteso che l’equipe ritiene opportuno valorizzare, ponendo l’accento sui punti salienti del discorso e traghettando le emozioni in direzione dei giovani. Essi percepiscono profondamente la sofferenza di Mevia e riescono a trovare le parole giuste per esprimerle l’acquisita consapevolezza e la responsabilizzazione alla quale erano giunti. I due raccontano del loro percorso di messa alla prova, di quanto profondamente li abbia segnati e delle gratificazioni personali e umane che ne stanno traendo, raccontano inoltre che da questa esperienza sono usciti profondamente cambiati, finendo per apprezzare, nel periodo di reclusionem la scuola (“…. andare a scuola era una festa, era l’unico modo per uscire dalle mura di casa…..”). Mevia ha molto apprezzato l’occasione che le è stata offerta con il percorso di mediazione perchè sentiva che in lei il senso di terrore dell’incognito si era ridimensionato e trasformato. I convenuti, si accomiatano dall’equipe, sereni e soddisfatti ringraziando soprattutto per avere avuto la possibilità di esprimere liberamente tutte le più recondite emozioni in merito alla vicenda.